Serricoltura fotovoltaica, un'opportunità per la Sardegna

Data pubblicazione: Dec 26, 2009 3:20:59 PM

Serricoltura fotovoltaica, un'opportunità per la Sardegna

Negli ultimi mesi la Regione Sardegna ha raccontato la sua necessità di cambiamento. L'ha raccontata a voce alta, spesso altissima. Gli operai delle fabbriche che chiudono narrano di un progetto della chimica che alla Sardegna ha portato soltanto veleni ed un territorio in molte parti degradato, ben diverso dai panorami da cartolina della Costa Smeralda.Migliaia e migliaia di ettari di aree industriali ospitano cimiteri di cemento, fabbriche finanziate con i soldi di tutti gli abitanti ed ora abbandonate. La Sardegna ha però due risorse che segnano il suo territorio e che potrebbero essere la salvezza per il tessuto produttivo e per i lavoratori: il vento ed il sole. Queste due risorse sono sull'isola praticamente inesauribili. La ventosità media e l'irraggiamento particolarmente favorevole rendono molte aree della Sardegna idonee all'installazione di impianti per la produzione di energia con tecnologie consolidate: solare termico, solare termodinamico, eolico, solare fotovoltaico, in ordine di costo e d'importanza per lo sviluppo. 

Ma non tutto può essere fatto ovunque. La condizione di isolatezza impone alla Sardegna la necessità di organizzare le proprie risorse territoriali in modo sensato, pensando anche ad un mondo sempre più globalizzato che ambisce conquistare spazi sempre maggiori per il turismo e per i servizi. Obbliga questa isolatezza geografica e la lontananza dal "Continente" a programmare la produzione interna degli alimenti, dell'energia, dei materiali da costruzioni, di ogni altra cosa che sia onoeroso trasportare dalla terraferma.  

L'isola importa ogni anno il 68% del suo fabbisogno ortofrutticolo e il 70% del suo fabbisogno di carni. Importa legname da costruzione e per il fabbisogno domestico dalla Corsica e dalla Toscana, centinaia di migliaia di tonnellate di tronchi che attraversano il mare da una terra di boschi ad una terra di boschi che opportunamente sfruttati potrebbero dare calore ed energia e garantire lo sviluppo delle zone interne, territori spesso inesplorati per la mancanza di infrastrutture e di manutenzione. 

In questi mesi si sono accesi in Sardegna insensati dibattiti sulla serricoltura fotovoltaica che rappresenta forse il solo sfruttamento logico della risorsa solare:non soltanto rappresenta una sfida ed un'opportunità per il territorio ma un'occasione di riqualificazione dell'agricoltura, di rilancio del mercato agroalimentare ormai vittima delle multinazionali del cibo.

La serra fotovoltaica è una soluzione semplice, non è diversa da una serra qualsiasi, fatto salvo l'ombraio che raggiunge il 50% imponendo particolari cultivar sotto la copertura. La serra fotovoltaica è però una vera e propria centrale di produzione dell'energia, il tetto a falda "cattura" i raggi solari e li converte in energia elettrica che viene immessa nella rete oppure consumata localmente per riscaldare e raffreddare la serra, per alimentare i processi produttivi e di trasformazione delle aziende agricole e rispondere al fabbisoogno delle famiglie che le conducono.

La serra fotovoltaica ha però secondo alcuni una "colpa" innata, quasi una sorta di peccato originale: poichè il GSE corrisponde un contributo a valere sul "conto energia" per gli impianti integrati o semintegrati come sono appunto le serre fotovoltaiche, superiore a quello di altre tipologie d'impianto, la realizzazione delle serre nasconderebbe una sorta di "truffa" speculativa. 

Riepiloghiamo: 

1) la Sardegna importa il 68% del suo fabbisogno ortofrutticolo, frutta e verdura hanno un prezzo più alto del mercato nazionale e discutibilmente legittimo, gli alimenti viaggiano prima su gomma, poi sono stivati nelle navi ed infine approdano sull'isola dove li attende un altro viaggio su gomma, con un contributo globale all'ambiente non certo positivo;

2) la Sardegna produce energia da fonti non rinnovabili, i costi dell'energia sono tra i più alti d'Europa, le industrie sono in crisi, la produzione di energia è legata per il 96% al petrolio, con i conseguenti impatti ambientali.

3) la Sardegna ospita numerosi impianti serricoli di vecchia generazione ormai in disuso, i produttori agricoli attraversano una crisi profonda e non sono in grado di far fronte ai debiti accumulati.

4) il GSE corrisponde il contributo ai serricoltori energetici solo se la conduzione delle serre avviene in condizioni normali di funzionamento: la serra deve essere utilizzata per produrre alimenti o altri cultivar finalizzati all'industria alimentare che devono essere poi immessi sul mercato

Coloro che conducono una "battaglia" verso le serre fotovoltaiche sollevando lo "spauracchio" della speculazione forse non hanno tenuto conto di tutto questo. Seguendo il principio di ragionamento che li anima dovrebbero essere ostacolati in Sardegna l'allevamento, l'olivicoltura ed altre produzioni che ricevono contirbuti dallo stato e dalla Regione. 

La Sardegna, questo il nodo finale, ha invece diritto di competere e di avvantaggiarsi del conto energia come e più di altre regioni più ricche e meno vocate, ha il diritto di far vivere e sostenere la produzione agricola locale, attraverso un sistema locale di regole che limiti al massimo le speculazioni finanziarie e massimizzi gli obiettivi sociali, occupazionali ed ambientali. 

Per questo la serricoltura fotovoltaica rappresenta realmente un'opportunità per la Sardegna se sostenuta in un sistema di regole qualificante.

Daniele Pulcini, 8 dicembre 2009