La civetta - dal bestiario popolare della Regione Emilia Romagna
Data pubblicazione: Dec 16, 2008 8:34:35 PM
uesto rapace notturno è ingiustamente ritenuto portatore di sventure, di lutti e rovine. Secondo tradizione, vedere una civetta o sentirne il canto porta sfortuna ed è presagio di morte. Più in dettaglio, alcuni credono che indichi morte quando il suo canto fa cuc-cuc e una nascita quando fa ciu-ciu. A Modena, per scaramanzia, quando ne avvertono la presenza dicono Tès zvátta (taci civetta), imperativo esteso anche a iettatori e malelingue. Altri ancora sostengono che porti disgrazia solo alla casa verso la quale volge lo sguardo, e fortuna agli occupanti di quella sulla quale è posata.
Di sicuro, bisogna evitare d'incontrarla nella notte che precede l’Epifania. Secondo un'antica credenza, ricordata anche dal proverbio La nota dla Pasqueta e scor e' ciù e la zveta (La notte della Pasquetta parlano il chiù e la civetta), si crede che in questa magica notte gli animali acquistino la parola e abbiano il potere di maledire gli umani che osano origliare i loro discorsi.
Il motivo di questa diffidenza verso la civetta deriva probabilmente dal suo aspetto: l'atteggiamento severo, unito alle abitudini notturne e al canto lugubre e malinconico, hanno acceso la fantasia popolare, portando alla creazione di leggende e ispirando tali superstizioni. Quando la civetta batte contro il vetro della finestra, è segno che presto una disgrazia colpirà quella casa.
In alcuni luoghi, specialmente montani, per tenere lontano il malocchio si usava inchiodare questo rapace notturno alla porta della stalla o di casa. Fer la zvètta(5)(Fare la civetta), o il zvitoùn(4) (civettone), equivale ad assumere un atteggiamento seducente, ammiccante verso l'altro sesso. Ciò deriva dal comportamento delle civette, che durante gli amori emettono continui gridolini e suoni lamentosi, in grado di attirare anche uccelli di altre specie.
Grazie a queste abitudini "civettuole", alla civetta femmina sono attribuiti amori e improbabili mariti. In Romagna dicono che La zveta di marì l'ha n'ha du: l'aloch e e' ciù (La civetta dei mariti ne ha due: l'allocco e il chiù), anche se, poi, pare non si conceda a tutti: E' cânta nenca e' barbagiân, mo la zveta la ne vor a mân (Canta anche il barbagianni, ma la civetta non lo vuole tra le mani).
Sul presunto amore tra la civetta e il chiù (l’assiolo), in Romagna c'è chi giura di aver sentito le loro parole, spiandoli nell'unico momento dell'anno nel quale si scambiano frasi d'amore, cioè durante la Pasquetta. Il marito: Me e te a sem du: te la zveta e me e' ciù (Io e te siamo due: tu la civetta e io il chiù), al quale la moglie risponde: Me e te a sem propi du: me la zveta e te e' ciù (Io e te siamo proprio due: io la civetta e tu il chiù).
Il termine civetta, in senso figurato, può per questo indicare anche una donna di facili costumi, che suole star fuori di notte a divertirsi.
Nel Bolognese gli Uc' ed zvètta (Occhi di civetta) era il nome volgare attribuito alle monete d'oro, mentre in altri luoghi il termine veniva esteso al due di denari delle carte da briscola.
Per concludere, un cenno sull'origine del nome di quest'uccello, che in latino è Athene. Esso deriva da Atena, dea greca della saggezza, la quale aveva come simbolo la civetta, animale che i greci associavano alla chiarezza della sapienza. La dea diede poi anche il nome alla capitale greca, luogo dove le civette erano talmen,te diffuse che ancor oggi, per indicare un’azione stupida ed inutile, di dice Portare civette ad Atene.
http://www.regione.emilia-romagna.it/agricoltura/pubblicazioni/bestiario/civetta.htm