Innovazione e nuove tecnologie per la nautica sostenibile
Data pubblicazione: Feb 22, 2014 7:33:10 AM
Innovazione e nuove tecnologie per la nautica sostenibile: ipotesi per un adeguamento del parco nautico nazionale. Integrazione delle fonti rinnovabili nella portualità ed il ruolo dell’idrogeno.
Il significato di “sostenibilità” in senso più ampio fa riferimento alla possibilità, per una tecnologia od un processo, di determinare sull’ambiente il minor carico possibile in termini di effetti negativi. Il concetto di sostenibilità è dunque strettamente legato a quello di “carryng capacity” o capacità di carico, concetto che indica la capacità di un sistema o di un ecosistema di sopportare gli effetti di una determinata attività umana.
La pianificazione e la gestione delle risorse ambientali stanno affrontando un periodo di incertezze e di cambiamenti senza precedenti. I paradigmi che nel tempo hanno dato grande enfasi alla misura della produttività terrestre e della sua distribuzione, ai principi della massima produzione sostenibile e a perseguire obiettivi di utilizzo differenziato delle risorse, stanno rapidamente cedendo il passo ad un nuovo paradigma che enfatizza la “sostenibilità ecosistemica” rispetto alla “produzione sostenibile”. Questo nuovo paradigma considera tutto il sistema ambientale nella sua interezza in relazione alle finalità del suo utilizzo, piuttosto che valutare un singolo aspetto ritenuto preminente.
La base fondamentale della sostenibilità ecosistemica poggia sulla “reale conoscenza” dei vari attributi biologici, fisici e chimici dell’ecosistema così come dei “flussi di energia” e delle relazioni ed interazioni alimentari in particolare su quelle variabili che guidano o controllano i processi ambientali nel territorio di interesse.
L’approccio ecosistemico alla gestione delle risorse ed al loro utilizzo per finalità energetiche è in sostanza basato: (a) sulla valutazione dello stato attuale di un sistema territoriale; (b) su quanto il sistema si è allontanato dal suo stato naturale; (c) sul momento in cui uno stato ecosistemico si possa spostare verso un diverso stato di equilibrio prima dell’apparizione di vari sintomi dello “stress ambientale”.
La sostenibilità nella nautica non fa eccezione alle “regole” richiamate nella premessa e si riferisce in modo molto preciso agli effetti determinati dalle modalità con cui si sviluppa l’energia necessaria al moto dei mezzi acquuatici sia in contesto lacustre-fluviale che nelle aree marine, ivi includendo tutti gli “spazi fragili” che esse individuano in prossimità delle coste. La capacità di carico delle acque, rispetto agli inquinanti, è tutt’altro che illimitata e la mancanza di una politica rigorosa in materia di combustibili sostenibili, di scafi adeguati a particolari necessità di preservare i fondali potrà determinare danni all’ecosistema che diverranno presto molto più visibili a danno dello viluppo economico connesso ai contesti della fruizione.
La sostenibilità nella nautica non si limita ovviamente alla sola questione della mobilità ma fa riferimento ad un insieme più ampio di attività che alla nautica sono connesse: dall’esplorazione dei fondali marini per finalità turistiche o scientifiche alle attività di pesca. In questo articolo si limita l’area di discussione alle questioni relative alle tipologie di carburanti impiegati all’efficienza dei motori e degli scafi ed agli effetti potenziali sull’ambiente.
La necessità di elaborare un piano strategico per la “nautica sostenibile” in sistemi caratterizzati dalla presenza di sistemi fluviali, lacustri e marini significativi, si fonda sulla comune valutazione di tre punti: 1) i laghi, i fiumi, le coste ed il mare sono una risorsa primaria da valorizzare e tutelare per le generazioni future e lo stesso si può dire per le attività socio-economiche ad esso legate; 2) il rapido accrescimento del numero delle aree marine protette e delle zone di riserva (che nel caso del mare italiano ormai interessano circa il 12% del totale), è avvenuto in presenza di un quadro normativo frammentario e richiede interventi a diversi livelli, organizzativi e tecnologici; 3) la navigazione da diporto è stata normata in maniera non sempre commisurata ai reali impatti da essa prodotti sul sugli ambienti acquatici.
Pensare ad un piano attuativo per la “nautica sostenibile” significa oggi in primo luogo promuovere le tecnologie più idonee a garantire lo sfruttamento degli ambienti acquatici da parte dell’uomo sia per finalità turistiche che di trasporto, partendo dai “punti di contatto” rappresentati dalle aree portuali.
L’attività di ricerca e di sviluppo si è concentrata sul miglioramento delle tecnologie esistenti, spaziando dalle caratteristiche degli scafi e dei materiali utilizzati per realizzarli per arrivare alle motorizzazioni ed ai combustibili impiegati. I ricercatori inoltre sono orientati a sostenere tutte le attività con potenziali “applicazioni industriali” per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità del trasporto nautico in modo più rapido, incidendo sulla nautica di grandi dimensioni che rivela un “peso” ambientale superiore a quello della nautica da diporto.
Un progetto integrato di nautica sostenibile dovrebbe prevedere in primo luogo l’adeguamento del parco nautico pubblico in senso esteso, dei parchi nautici delle diverse organizzazioni professionali e di trasporto merci e passeggeri che operano in acqua. In relazione alle tecnologie già disponibili e consolidate, la strategia di adeguamento potrebbe essere così sintetizzata:
· integrazione delle Fonti Rinnovabili nelle aree portuali;
· sotituzione delle motorizzazioni con motorizzazioni ad alta efficienza ed alimentate da combustibili ecosostenibili o da “vettori energetici”;
· adeguamento o sostituzione degli scafi e dei sistemi di propulsione per ridurre gli effetti di turbolenza sui fondali
· ampliamento dei sistemi di guida e controllo per garantire una fruizione dell’ambiente acquatico che rispetti le zonazioni individuate dagli studi ambientali;
· applicazione di modelli di sorveglianza e salvaguardia ambientale ed integrazione delle tecnologie ICT per la valutazione degli effetti ambientali prodotti dallo sfruttamento delle aree acquatiche;
il nodo centrale, di più facile applicabilità, è l’utilizzo di “combustibili alternativi” per l’alimentazione dei sistemi di propulsione e dei servizi ausiliari (raffreddamento, riscaldamento, illuminazione) sia nelle imbarcazioni da diporto che in quelle commerciali. Il presupposto è costituito da un insieme di elementi di fattibilità tecnica, che il CIRPS ha indagato in uno specifico studio avviato nel 2007, in grado di garantire una trasformazione dei motori a ciclo diesel convenzionali al fine di rendere possibile anche nelle applicazioni navali l’utilizzo di combustibili ad altà viscosità come gli olii vegetali. Tale applicazione, ormai consueta nel trasporto terrestre fatica ad entrare nel mondo della nautica che invece risulterebbe il luogo più idoneo soprattutto potendo rispondere in modo completo alle problematiche di sversamento in mare degli olli combustibili.
La modifica delle motorizzazioni verso i motori a ciclo termico non rappresenta però la sola opportunità di sviluppo. Nella nautica trovano infatti potenziale utilizzo nuovi e più vantaggiosi “vettori energetici” come l’idrogeno, prodotto da Fonti Rinnovabili ed applicato in abbinamento a celle a combustibile, motorizzazioni elettriche ad alta efficienza o motorizzazioni a scoppio.
L’idrogeno e l’acqua sono due elementi molto vicini, l’uno componente dell’altra assieme all’ossigeno. Ben al di là dell’affinità chimica dobbiamo però considerare come la presenza “contigua” dei due elementi non generi impatti di tipo ambientale diversamente da quanto accade nella maggior parte dei combustibili impiegati nella nautica e più estensivamente in tutte le attività umane. L’idrogeno è noto da tempo come “vettore” dell’energia ed utilizzato in questo senso per diverse applicazioni. Basta pensare agli Shuttles, nel primato delle applicazioni dell’aerospazio, che da sempre hanno utilizzato come fonte di energia le celle a combustibile.
Per questo l’idea dell’idrogeno come vettore dell’energia, nell’ambiente acquatico rappresenta non soltanto un’innovazione ma una scelta da condividere da parte di chi, per mestiere o per diletto, nei fluidi acquatici abbia a muoversi con i mezzi di cui ha necessità.
Un altro aspetto da considerare sono le dinamiche d’integrazione dei nuovi combustibili nella filiera della logistica portuale. Per affrontare le problematiche emerse, dallo stoccaggio di materiali combustibili assimilabili ai prodotti petroliferi allo stoccaggio di gas potenzialmente esplosivi, sono state identificate alcune metodologie che propongono nuovi materiali e nuovi contenitori destinati ad uno stoccaggio interportuale efficiente e sicuro. Nel caso dell’idrogeno ad esempio, sono stati sperimentati con successo contenitori ad “idruri metallici”, delle strutture in grado di contenere grandi quantità di gas, intrappolandolo in una struttura “spugnosa” che può rilasciare il medesimo gas, in condizioni di pressione e temperatura idonee, in modo progressivo, alimentando così le celle a combustibile necessarie alla produzione di energia elettrica da trasformare successivamente in forza motrice o per assolvere al altri carichi.
Altro aspetto rilevante è la possibilità di produrre energia e vettori energetici “localmente” seguendo una metodologia che associa in modo virtuoso le risorse locali alle esigenze di consumo attraverso l’applicazione delle “tecnologie idonee”.
Le aree portuali assumono in questo senso un ruolo di estremo rilievo divenendo contemporaneamente “hub energetici”, per le Fonti Energetiche Rinnovabili quali eolico, fotovoltaico, piccoli impianti a biomassa e configurandosi inoltre come centri di conservazione e stoccaggio dei vettori energetici (ad es. l’Idrogeno).
L’integrazione delle fonti rinnovabili non è indifferente all’organizzazione della struttura portuale: è necessario verificare con attente procedure di audit la caratterizzazione dei siti, individuare tutte le possibili integrazioni, studiare i meccanismi di stoccaggio e rifornimento facendo riferimento alla pianificazione di un numero di organismi competenti nelle aree, piuttosto numeroso. Per mettere d’accordo tutti gli enti responsabili il CIRPS ha messo a punto un modello strategico d’integrazione che individua le migliori soluzioni in funzione del contesto, assegnando un valore “pesato” ad ognuna di quelle proposte e verificano l’impatto complessivo dell’intervento.
L’idrogeno a bordo
Il CIRPS ha eseguito numerosi studi preliminari e progettuali finalizzati all’inserimento dell’idrogeno nel contesto nautico per dimostrare come un’imbarcazione possa divenire completamente indipendente da qualsiasi infrastruttura per la fornitura dell’energia perché l’intero processo avviene internamente all’imbarcazione.
Le imbarcazioni si muovono quindi “dentro” una fonte inesauribile di idrogeno, traendo dal sole e dal vento l’energia necessaria per alimentare il processo elettrolitico attraverso il quale si ottengono idrogeno ed ossigeno. Il sistema ipotizzato e testato in laboratorio utilizza sistemi già collaudati nell’industria marina per la separazione dell’idrogeno dall’acqua in modo economico ed implementa un sistema di produzione legato alle celle fotovoltaiche.
Il diagramma di funzionamento del sistema è di produzione dell’idrogeno rappresentato nella figura che segue. L’unità di elettrolisi separa ossigeno ed idrogeno il quale fluisce nel serbatorio. L’idrogeno viene poi utilizzato nelle celle a combustibile per la produzione di energia elettrica con la sola produzione residuale di vapor d’acqua. Questa soluzione “integrata” si presta ad essere impiegata in qualsiasi contesto navale, sia turistico che commerciale.
Flessibili e scalabili, le installazioni di applicazioni ad idrogeno possono essere configurate per produrre energia necessaria alla propulsione del vascello ed alimentare i suoi sistemi ausiliari e comunque può essere utilizzato per ridurre le emissioni dei classici motori a combustibile fossile (per esempio con l’arricchimento del combustibile) L’elettricità prodotta dalle celle a combustibile è utilizzata sia per la propulsione che per il fabbisogno di energia interna al vascello. Il motore applicato per la propulsione è di tipo rigenerativo, lavorando come dinamo nel caso di imbarcazioni a vela e può dunque divenire un’altra delle fonti primarie d’energia necessarie alla produzione dell’idrogeno a bordo. L’imbarcazione risulterà così, priva di motori a scoppio, silenziosa e l’intera struttura non sarà sottoposta alle vibrazioni caratteristiche di quei sistemi. Inoltre non vi saranno emissioni di gas inquinanti o perdite di combustibile e quindi nessun odore. Sembra chiaro che questa soluzione sia ideale negli ecosistemi fragili o protetti come quelli individuati dalle aree marine.
Questa catena sole-vento, eletrolizzatore, acqua, idrogeno viene realizzato sia nei distributori da realizzare nei porti, sia a bordo di imbarcazioni a vela.
L’idrogeno immagazzinato a bordo di vari tipi di imbarcazioni mediante contenitori in fibra di carbonio o contenitori a idruri metallici può essere utilizzato per alimentare celle a combustibile (fuel cell) o utilizzato come combustibile in motori a combustione interna, da solo o mescolato al metano.
Nelle celle a combustibile va utilizzato puro al 99,999%. Viene ossidato con l’aria atmosferica e produce energia elettrica in grado di alimentare un motore elettrico in maniera molto efficiente.
Il sistema motore elettrico – fuel cell è silenzioso e praticamente privo di vibrazioni. Produce acqua distillata che può essere utilizzata e calore che può essere utilizzato a bordo. Null’altro. Niente combustibili oleosi, niente perdite in mare. Va benissimo per le aree marine protette e per le acque interne. Inquinamento zero e niente rumore.
Le imbarcazioni a vela navigano per lo più con il vento e utilizzano il motore solo limitatamente alle manovre in porto e a determinate condizioni di navigazione. Questo significa che la riserva di idrogeno a bordo non è necessariamente molto grande, anche perché le imbarcazioni a vela utilizzano tipicamente motori di piccola potenza. Questo ci consente di pensare di poter produrre idrogeno a bordo durante la navigazione, anche perché si dispone di spazi e alberi che lo consentono. Si pensa di produrre idrogeno utilizzando rotori eolici verticali e fotovoltaico.
Nella realtà quotidiana è bene sottolineare che le tecnologie sono tutte interamente sviluppate. Esiste viceversa una forte resistenza nel momdo della nautica all’utilizzo di nuove tecnologie volte a praticare la sostenibilità soprattutto in materia di propulsione. Gli sviluppi concreti concreti a breve termine possono essere rintracciati facilmente nelle potenziali “modifiche” tecniche dei motori entrobordo delle grandi imbarcazioni da diporto e commerciali, onde consentire l’impiego diretto di olii vegetali puri, dunque non esterificati. La possibilità d’adottare combuistibili a zero impatto ambientale in caso di dispersione nel liquido attraversato non è soltanto, a nostro parere, un’opportunità, ma una responsabilità inderogabile. Nel futuro della nautica sostenibile troviamo le tecnologie dell’idrogeno, che lungi dall’essere affermate per ulteriori e più forti resistenze indotte dal sistema petrolifero richiederanno ancora due-tre anni di sviluppo applicativo nel campo dei trasporti. La tecnologia dell’idrogeno vede nella nautica il luogo di migliore applicabilità tenendo conto di differenti fattori positivi. Il primo è certamente l’idoneità dei “volumi” disponibili nei mezzi nautici ed il secondo la disponibilità di fonti rinnovabili economiche e sufficientemente continue per garantire una produzione autonoma di combustibile idrogeno a terra e sulle imbarcazioni. Nel futuro della nautica sostenibile quindi dovrà realizzarsi l’integrazione di tutte queste tecnologie: olii vegetali, idrogeno, fotovoltaico ed eolico.